
L’ho letto in un fiato, questo librino di Carmen Covito, un romanzo breve frizzante e spensierato. Dal punto di vista di una giovane donna libera, istruita ed emancipata si racconta la vita disinibita delle ragazze di Pompei: Tirrena si muove disinvolta tra la sua improbabile famiglia allargata, il lavoro nella libreria del padre, i pettegolezzi alle terme e fortuiti incontri che la fanno ritrovare in situazioni paradossali…
Sul retro di copertina…
“La fama ricevuta da ricchezza e bellezza dura poco, la virtù splende solida in eterno”. Ripetere mattina e sera un numero di volte sufficiente a convincersi che è vero.
Ecco un brano, dove si narra di un invito a pranzo, durante il quale Tirrena verrà a conoscenza di un incarico molto molto particolare che le verrà affidato da una strana matrona ed ex vestale…
Nella sala da pranzo affacciata sul giardino più interno, semichiusa da una porta a soffietto che le ancelle fecero scorrere su silenziose rotelle, ci aspettava un buffet strepitoso. Io a mezzogiorno quando sono a casa mi faccio un’insalata d’estate o una ciotola di zuppa d’inverno, e se sono per strada. mi prendo una focaccia con le verdure, in piedi e quasi sempre un po’ di corsa: là mi trovai davanti a un ampio e basso tavolo di marmo circondato su tre lati dai classici divani a tre posti e carico di piatti, vassoietti e alzatine d’argento. C’erano composizioni di fette di carne fredda, ostriche, pane bianco, un paio di polli arrosto con le creste dorate, pasticcini, uova sode, varie insalate miste, due trionfi di mele con sorbe pelose e frutta secca, frittelle, gamberetti e altre portate non identificabili a prima vista. Distesa sul divano alla nostra sinistra, una signora vestita di rosso stava allungando verso le frittelle un braccino sottile appesantito da un enorme braccialetto d’oro a serpente.